Il report differenzia poi in questi nove milioni di lavoratori in difficoltà, due aree distinte. Da un lato, troviamo poco più di cinque milioni di persone nell’ “area della sofferenza”, caratterizzata dall’insieme dei lavoratori disoccupati, cassa integrati o scoraggiati. Dall’altro, quattro milioni e centomila persone si trovano nell’ “area del disagio”, vale a dire quella che comprende precari e part time involontari.
Per il presidente dell’associazione, questa è solo un’ulteriore dimostrazione dell’ulteriore indebolimento del lavoro nel Belpaese (ma lo è ancora?) tra tante altre emergenze che rimangono insolute, come la situazione ancor più grave del Mezzogiorno, la disoccupazione mostruosa degli under 30, la disoccupazione “long time” in ascesa che si riflette in un numero sempre maggiore di inattivi, il precariato incontrollabile che fa salire costantemente part time involontari da sei anni senza riuscire a generare più occupazione per tutti. Il rapporto si limita a identificare questi dati e relative problematiche, demandando al Governo il compito di interventi concreti nel brevissimo periodo che possano invertire la rotta verso lo sviluppo e la crescita del lavoro a livello quantitativo e qualitativo.
I dati non sono confortati nemmeno dal rapporto ISTAT di luglio che vede superare di oltre il 50% (52,7%) i lavoratori dipendenti che sono in attesa di rinnovo del contratto collettivo, con un’attesa media che si attesta attorno ai 13,6 mesi, in salita rispetto a dodici mesi più indietro. Numeri che in percentuale possono non dire molto, ma che in valori assoluti fanno sentire tutto il loro peso. Si tratta di quasi sette milioni di persone (per la precisione sei milioni e ottocentomila) che attendono il rinnovo del contratto. Di questi, 2,9 riguardano anche il pubblico impiego. L’attesa del rinnovo, in particolare, è di 25,8 mesi per l’insieme dei lavoratori, che diventa di 13 mesi per i dipendenti relativi al settore privato.
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